Se guardiamo al cinema body horror, non possiamo fare a meno di ricordare quelle opere che hanno messo in discussione la percezione del corpo umano, portandola a limiti insospettabili. Chi non pensa ogni giorno ai cenobiti? Come dimenticare Le razze della notte? Film come Re-Animator (1985) o Society (1989) hanno segnato un’epoca, esplorando la trasformazione e la mutilazione del corpo attraverso il trucco, le protesi, le pringue e le narrazioni cariche di critica sociale. Alla fine si tratta di un’esplorazione molto sana dei nostri complessi, sia come individui che come società, perché tutti ci sentiamo un po’ brutti, non è vero? “El otro”come concetto, ci dà un complesso. E il cinema ci libera un po’. C’è però un film che, nonostante il suo approccio a questi temi, è riuscito a uscire dal ghetto della serie B: The Substance. Con concrete possibilità di consolidarsi ai prossimi Oscar, cosa rende The Substance così speciale e perché riesce a entrare in contatto con il pubblico come altre proposte simili non fanno? È un po’ metatestuale, non è vero? Tu sì e io no, quindi perché The Substance è più attraente degli altri? Ossessione per il corpo: da Malibu ai social mediaNegli anni ’90, il culto del corpo era strettamente legato all’immagine della costa californiana. Malibù e serie come Beach Watch erano sinonimo di successo, bellezza e prosperità. La cultura del “pelotazo”e penso al grande American Psycho, imponeva che un corpo perfetto fosse la chiave per raggiungere lo status sociale ed economico desiderato, e questa idea era legata a una violenza intrinseca che era molto caratteristica della fine del XX secolo e che non siamo riusciti a scrollarci di dosso. Oggi quell’ossessione si è trasformata. Ed è di questo che si tratta, non è vero? I social media hanno favorito una cultura del confronto costante, in cui ogni selfie, ogni post, diventa una battaglia silenziosa contro standard di bellezza irraggiungibili. La frustrazione e l’ansia che derivano da questa perpetua auto-sorveglianza sono, appunto, alcuni degli assi tematici che La Sustancia riesce a cogliere con maestria. In The Substance, interpretato da Demi Moore e Margaret Qualley, vediamo Elisabeth Sparkle, un’attrice affermata che affronta l’inesorabile passare del tempo in un’industria che premia la giovinezza e la bellezza. Elisabeth, ossessionata dal mantenimento della sua immagine, opta per un trattamento sperimentale che le permette di scambiare il suo corpo invecchiato con uno giovane per sette giorni. Questa premessa, lungi dall’essere una semplice fantasia di ringiovanimento, è una potente metafora dei complessi, dell’ageismo e della disperazione imposti da un sistema che attribuisce agli individui un complesso. Ma andiamo al sodo, letteralmente. La sostanza Un approccio estetico che intrappola e disorientaCredo che l’arte del recente successo di The Substance risieda nel suo approccio estetico. A prima vista, il film abbaglia con un’immagine colorata, in un modo puramente “Barbie”che ricorda quelle pubblicità perfette che sembrano uscite da un catalogo di sogni. Ma questa immagine vibrante è in realtà una trappola. Una volta che lo spettatore è stato catturato da questo incantesimo cromatico, non è possibile schivare il proiettile del brutale e grottesco colpo di scena finale, curiosamente più vicino alla classica serie B di Re-Animator di quanto ci si potrebbe aspettare.Capisco che deve essere la colorazione, quella tavolozza cromatica sovrasatura con una finitura plasticuchiana lucida. Dico questo perché il magnifico Under The Skin abbaglia per la sua esecuzione tecnica e presenta Scarlett Johansson, la famosa Scarlett Johansson, nel ruolo di protagonista. Ma il suo pantone freddo e grigiastro non è riuscito ad attrarre il pubblico. Un altro esempio recente è il francese Titane, che ha un impatto con la sua narrazione trasgressiva e la sua straordinaria identità visiva, ma non è riuscito a trascendere la nicchia degli autori con la stessa forza di The Substance. Re-Animator Una sostanza di serie BIl confronto è ancora più doloroso se si analizza l’eredità storica del body horror: Re-Animator è diventato un punto di riferimento grazie al suo innovativo mix di orrore e umorismo nero, e Society ha offerto una visione dell’élite sociale sfigurata, in cui la metamorfosi del corpo era la metafora perfetta per criticare le gerarchie sociali. Tuttavia, entrambi i film sono stati ancora una volta intrappolati nel regno dei film di serie B, come se la loro originalità e il loro messaggio fossero passati in secondo piano rispetto alla necessità di rivolgersi a un pubblico più di massa. È vero che si trattava di film molto modesti con un budget molto limitato, ma questo non è mai stato un pretesto per trascendere e trovare un pubblico di massa, c’è Robert Rodríguez.Re-Animator, diretto da Stuart Gordon, è uno dei film più influenti del genere horror e body horror. Liberamente ispirato all’opera di H.P. Lovecraft, il film racconta la storia di Herbert West, uno scienziato ossessionato dalla rianimazione dei cadaveri. La sua miscela di horror e commedia nera ha stabilito un nuovo standard per il genere a cui Sam Raimi si sarebbe ispirato in seguito, combinando effetti speciali, gore e una narrazione che sfidava le convenzioni del cinema horror dell’epoca. Dall’altra parte, Society, diretto da Brian Yuzna, offre una critica sociale avvolta in una narrazione grottesca di corpi appiccicosi e arti che sporgono dove non dovrebbero sporgere. Re-Animator Re-Animator, il più famoso di questi due film, e nonostante il suo status di cult oggi, non fu un significativo successo commerciale alla sua uscita. La sua eccessiva attenzione al gore e all’umorismo nero, unita a una trama che si discostava dal cinema horror tradizionale in voga all’epoca, con Il presagio e L’esorcista a dettare gli standard, ne limitò l’attrattiva per un pubblico più ampio. Sebbene alcuni critici ne abbiano lodato l’originalità, il film è stato generalmente considerato eccessivo e di cattivo gusto. In ogni caso, Re-Animator non si nascondeva: era un film di serie B e non lo nascondeva, e questo dettaglio è fondamentale.In questo contesto, The Substance è un curioso e strano ponte tra la crudezza dei B-movie e una nuova sensibilità che sfrutta l’estetica visiva per raccontare una storia che risuona oggi. Il suo mix di horror, satira e critica sociale non solo lo rende rilevante in termini di contenuti, ma spiega anche perché, oggi, in piena cultura dei social media e del confronto, questo film risuona con un pubblico affamato di contenuti che sfidano gli standard imposti dall’industria, e li vendono meglio. La sostanza La trappola della perfezioneLa narrazione de La sostanza è, in sostanza, un monito contro l’ossessione della perfezione fisica. È impossibile pensare a questo soggetto e non ricordarsi di altre opere classiche che hanno toccato temi simili. Film come Swallow e Brazil mostravano già, in modo sottile o esplicito, una preoccupazione per la trasformazione del corpo e una critica a una società ossessionata dal successo. La mosca e La cosa hanno esplorato il territorio della metamorfosi corporea in modo brutale, mentre Hellraiser ha esplorato l’orrore attraverso il soprannaturale e la pelle nera. Se The Substance non è caduto nella sacca del sottogenere più pacchiano dell’horror, è semplicemente perché non l’ha reso evidenteNel cinema spagnolo, anche La donna più brutta del mondo di Miguel Bardem affrontava i problemi del corpo e dell’identità, senza però ottenere il riconoscimento mediatico e sociale che sembra ottenere oggi La Sustancia. È anche un film un po’ regolamentare, ma vale la pena di notare lo sforzo fatto per cercare di far arrivare la sua proposta nelle sale. Persino lo stupendo e trascurato Pain and Money di un sorprendente Michael Bay è stato dimenticato, relegato in secondo piano.Credo che se The Substance non è caduto in quella sacca del sottogenere più pacchiano dell’horror, è semplicemente perché non lo ha reso evidente, è riuscito a nascondere le sue deformità fino a quando non è già stato un successo. Lo trovo molto interessante perché è un’idea molto di genere, come se il film stesso fosse il protagonista di una storia di successo che nasconde, al suo interno, qualcosa di profondamente deforme e sgradevole. Credo che sia anche meglio del film stesso. La rinascita della serie B (che non sembra)Il successo di The Substance tradisce che il messaggio e lo sfondo sono del tutto validi, ma devono solo essere venduti meglio. Avvolgerlo in una carta di cellofan lucida con un bel nastro colorato. La sua regista, Coralie Fargeat, è stata tremendamente intelligente: non ha rinunciato alla sua identità, semplicemente non ha mostrato fin dall’inizio di cosa si tratta veramente. Mentre altri film del genere sono rimasti ancorati a un’estetica sperimentale o puramente sovversiva, The Substance è riuscito a entrare in contatto con un pubblico più vasto grazie alla sua critica pungente del culto della giovinezza e dell’ossessione per la perfezione, seguendo il regolamento estetico commerciale di Hollywood.In un mondo dominato dalla cultura dell’immagine e del confronto, la storia di Elisabeth Sparkle è riuscita a essere la più bella. O almeno a sembrarlo. Alla fine, ogni apparenza è ingannevole. Vi invito a scoprire (o riscoprire) The Substance e Re-Animator su Filmin. 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