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Il segreto che Monkey Island non ci ha mai rivelato

Da quando The Secret of Monkey Island è arrivato sui computer nel 1990, i videogiocatori hanno sempre discusso su cosa sia esattamente a dare il titolo alla serie. Nonostante l’umorismo assurdo e il tono scanzonato, molti hanno sospettato fin dall’inizio che tra le battute sui pirati, gli insulti creativi e così via si nascondesse qualcosa di più profondo. Per decenni, Ron Gilbert, il suo creatore, ha alimentato l’intrigo… senza risolverlo del tutto. La teoria del parco a tema: un sogno, un’illusione? Una delle teorie più diffuse tra i fan è che l’intera storia di Monkey Island non si svolga in realtà nei Caraibi, ma in un parco a tema. Questa idea è nata dal finale di Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge, in cui Guybrush e LeChuck appaiono improvvisamente come bambini piccoli in un parco divertimenti dei giorni nostri, sotto lo sguardo dei loro presunti genitori. Questo super cambiamento di tono ha lasciato tutti perplessi: si trattava di un sogno di Guybrush, di una fantasia, di una sorta di incantesimo o addirittura di una realtà alternativa? Molti giocatori sostenevano che questo fosse il vero segreto di Monkey Island: che non c’erano mai stati pirati, ma solo l’immaginazione di un bambino che esplorava un mondo inventato. cosa disse Ron Gilbert all’epoca? Per anni Ron Gilbert ha evitato di chiarire il vero significato di quel finale. Tuttavia, nelle interviste rilasciate dopo la sua partenza da LucasArts, ha confessato di avere un’idea molto precisa del segreto fin dall’inizio. Anche se non ha mai voluto rivelarlo in pubblico, si è lasciato sfuggire che, se fosse stato lui a sviluppare il terzo gioco, avrebbe seguito la strada che aveva accennato in Monkey Island 2. Secondo le sue stesse parole, che condivide sempre sul suo popolare blog Grumpy Gamer, il finale del secondo gioco “no era una broma” era legato al vero segreto che aveva intenzione di esplorare nei capitoli futuri.Come si può immaginare, questo rafforzò ulteriormente le teorie dei fan: se non si trattava solo di una gag, allora il parco a tema doveva essere la chiave per comprendere l’intera storia. Nel 2022, Ron Gilbert annunciò di essere al lavoro su Return to Monkey Island, l’atteso seguito diretto dei primi due giochi. Molti pensavano che, questa volta, il segreto sarebbe stato finalmente svelato. E così fu… a modo suo. In Return to Monkey Island, il gioco ci porta alla ricerca del segreto. Quando arriviamo alla fine, – attenzione, spoiler – scopriamo che il segreto di Monkey Island non è altro che un souvenir in un negozio di parchi a tema: una triste maglietta con la scritta “He encontrado el secreto de Monkey Island y solo era esta estúpida camiseta”. Uno scherzo visivo che suggerisce che, alla fine, il vero tesoro dell’intera saga è il viaggio, la nostalgia e l’esperienza condivisa tra giocatore e creatore. La sua forza sta nella capacità di generare infinite interpretazioniCi viene mostrato che tutto è una scenografia di cartapesta, che sono tutte marionette che Guybrush ha usato per raccontare la storia a suo figlio. Ovviamente, dopo questo, il figlio di Guybrush si arrabbia perché, secondo lui, il padre non gli racconta il vero finale di questa avventura… Il che, ancora una volta, ci lascia con un finale aperto senza poter trarre troppe conclusioni.Questo finale, come abbiamo già detto, per metà rivelazione e per metà trappola, ha lasciato molti con un misto di soddisfazione e frustrazione. Non c’è una sola risposta, ma molte possibili interpretazioni. In altre parole, non abbiamo fatto molti progressi in termini di risoluzione del mistero. La chiave: Monkey Island è sempre stato un gioco sulla crescita In recenti interviste, Ron Gilbert ha spiegato che Return to Monkey Island parla della crescita, di come le cose che ci ossessionavano da bambini cambino man mano che si cresce. Guybrush Threepwood, nella sua ultima avventura, non è più solo un aspirante pirata: è qualcuno alla ricerca di qualcosa che probabilmente non esiste nel modo in cui lo ricordava.L’idea del parco a tema ha quindi ancora più senso: il mondo di Monkey Island può essere visto come un grande parco giochi, un luogo dove l’immaginazione trasforma il semplice e quotidiano in qualcosa di epico. Ma è anche un luogo che, visto dall’età adulta, perde parte della sua magia, anche se mai tutta. Ron Gilbert ha chiarito più volte che non intende dare una risposta chiusa sull’argomento. Nel suo blog e in molte interviste, insiste sul fatto che l’ambiguità è parte della magia di Monkey Island; dire quale sia il segreto rovinerebbe il divertimento. Per lui, Monkey Island è un gioco sulla ricerca stessa: una ricerca di avventura, di libertà, di risposte… che non sempre devono arrivare.Se ci facciamo caso, questo approccio si collega direttamente al modo in cui funzionano i grandi miti popolari: il loro potere sta nella capacità di generare infinite interpretazioni, piuttosto che nell’offrire una verità assoluta. cosa pensano oggi i fan? Dopo l’uscita di Ritorno a Monkey Island, molti fan hanno accettato il fatto che non esiste e non esisterà un’unica interpretazione. Per alcuni, la teoria del parco a tema rimane la più probabile. Per altri, la storia di Guybrush è semplicemente una metafora della necessità di mantenere viva la nostra immaginazione, anche se la vita adulta cerca di portarcela via.I più romantici sostengono che Guybrush stesso sia consapevole di essere intrappolato in una fantasia, ma scelga di restarci perché il mondo reale non può vivere avventure così emozionanti come quelle di Monkey Island. Uno dei motivi per cui il mistero è sopravvissuto così a lungo è il costante umorismo che caratterizza l’intera saga. Le battute, le gag assurde e le situazioni surreali fungono da barriera per non prendere troppo sul serio nessuna rivelazione. Ron Gilbert ha sempre giocato con l’idea che, anche se c’era un mistero, il vero valore era nel viaggio: nelle risate, negli indovinelli impossibili, nei duelli di insulti e negli incontri con i pirati fantasma. Monkey Island è, e sarà sempre, qualsiasi cosa vogliate che sia Forse il vero segreto di Monkey Island è che non c’è nessun segreto. O che sono tutti veri allo stesso tempo. Come ogni buon mito, la sua forza sta nella capacità di adattarsi a chi lo vive. Per alcuni sarà una storia di infanzia perduta. Per altri, una satira del genere avventura. Per altri ancora, una semplice scusa per godersi uno dei migliori mondi mai creati nei videogiochi.E forse, alla fine, non importa tanto quale fosse il piano di Ron Gilbert nel 1990. L’importante è che Monkey Island ci abbia insegnato ad amare i giochi d’avventura… e a diffidare sempre dei polli con la carrucola.In 3DJuegos | Come si giocava ai giochi d’avventura senza internet? La sfida degli anni ’90 In 3DGames | L’ascesa e il declino dei giochi d’avventura: come un teschio e un pirata segnarono un prima e un dopo per i videogiochi

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