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Rise of the Tomb Raider – Recensione

Rise of the Tomb Raider, il secondo capitolo della nuova saga dedicata a Lara Croft, è alle porte, ecco le nostre impressioni.

Rise of the Tomb Raider non è solamente un sequel che aprofitta del successo ottenuto dal reboot della serie nel 2013, anche se fa pure quello, non possiamo negarlo; ma è invece un gioco spettacolare e con un ritmo molto migliore, e nonostante gli inevitabili paragoni ha tutta una serie di novità nel suo compartimento giocabile che non ci fanno avere l’impressione di giocare sempre alla stessa cosa. È un gioco migliore, in tutti i sensi. I due anni che si è presa Crystal Dynamics per rifinire e abbellire i pilastri su cui si reggeva il reboot (è evidente che si basano molto sull’anteriore capitolo) hanno dato i loro frutti. Questo sequel ha le idee più chiare, ha un’idea migliore di dove ci vuole portare e cosa ci vuole raccontare, nonostante il fatto che la sua storia, che comincia in un modo davvero positivo, finisce col risultare prevedibile e dipende un po’ troppo da dei cliché che persino il giocatore meno sveglio vedrà arrivare da lontano. C’è da dire però che i personaggi principali e secondari hanno un peso molto più grande adesso; sono sempre rappresentazioni stereotipate, in un certo senso, ma diversamente rispetto al Tomb Raider del 2013, in cui il destino dei personaggi secondari non poteva essere meno importante, qui si nota lo sforzo di renderli più attraenti in generale. Almeno un po’ di più.

Rise of the Tomb Raider
Durante il proprio viaggio, Lara dovrà decifrare incisioni su monoliti di pietra, su muri e altre incisioni che le permettono di imparare nuove lingue, greco o russo, per esempio, per scoprire dove si trovano nuovi tesori.

Dopo il suo ritorno da Yamatai, i tabloid britannici racocntano Lara come un’archeologa idealista che, seguendo i passi del suo dimenticabile padre, ha perso completamente la testa inseguendo sogni impossibili. Per riottenere l’onore per la sua famiglia e completare il lavoro iniziato da suo padre (o per dare ancora più ragione ai tabloid, dipende da come la si guardi), Lara decide di mettersi al lavoro e partire alla ricerca della città di Kitzeh, dove, a quanto pare, si può trovare la prova definitiva del fatto che l’immortalità è possibile. Non sarà sola, è chiaro; il suo principale nemico sarà la Trinità, un’organizzazione che pretende di scoprire quel segreto prima di Lara e che, come da tradizione, può contare su centinaia di uomini armati fino ai denti e disposti a seguire ciecamente i deliri del proprio leader.

Se il Tomb Raider del 2013 ci presentava una Lara agli inizi con l’aspirazione di diventare l’Indiana Jones della propria generazione, Rise of the Tomb Raider invece ci mostra una Lara più esperta che è più cosciente dei pericoli, nonostante li affronti ancora con una certa ingenuità. Il suo repertorio di movimenti è più esteso ora, come se avesse passato un tempo alla mercé della scuola degli Assassini: Lara ha imparato a salire sugli alberi e a usare gli arbusti come copertura per realizzare uccisioni furtive, una meccanica che acquista molta più importanza ora e che ci invita a usarla molto spesso, anche se il sistema di copertura non funziona sempre bene come dovrebbe. Continua ad avere una certa volatilità nei movimenti, come se a volte sfuggisse al nostro controllo, cosa che può crearci qualche problema durante i combattimenti e fare in modo di farci scoprire prima di quanto vorremmo. Non è una cosa pesante quanto nell’anteriore capitolo, per fortuna, in parte perché le opzioni di furtività sono migliore e più numerose questa volta, ma è un po’ caotico quando siamo nel pieno di una sparatoria e vogliamo metterci al coperto.

Rise of the Tomb Raider
Lo sviluppo personale di Lara è quasi completamente assente, e il copione lascia a malapena vedere l’evoluzione della sua identità. In questo senso è un’occasione mancata.

Il gioco continua ad alternare quelle fasi, delle sparatorie, (le più fiacche, ma anche in questo modo più divertenti rispetto a quelle del suo predecessore, (Purtroppo ci sono ancora alcune armi che brillano per la poca precisione, ma per fortuna c’è una vasta scelta) in cui Lara si abbassa automaticamente per nascondersi dove riesce, con sezioni di esplorazione e risoluzione di puzzle, che però sono ancora ben lontane da quelli che ci hanno regalato i Tomb Raider originali, ma al di sopra di quello che offriva il capitolo del 2013. Nuovamente veniamo invitati ad esplorare gli ampi scenari in un curioso misto tra lo sviluppo lineare e l’open world, e riappare l’istinto di sopravvivenza, che fa risaltare gli oggetti importanti che ci circondano per renderci la vita più facile. Lara può raccogliere risorse naturali dai dintorni, come rami, funghi velenosi o pelli di animale che permettono di creare oggetti per affrontare i combattimenti, e grazie ad una maggiore interattività con lo scenario sono meno monotoni; puoi salire su un albero e puntare il nemico con l’arco da lì. Se preferiamo entrare dalla porta principale possiamo creare esplosivi, cocktail Molotov, bombe fumogene, lampade, lattine che troveremo negli scenari. Andando avanti nel gioco viene attivato un negozio in cui possiamo acquistare diversi oggetti, power up e vesti per Lara in cambio di monete bizantine. Un nuovo tipo di economia sommersa.

Rise of the Tomb Raider
Il progresso si basa sui punti esperienza, che basicamente sono la ricompensa per ognuna delle nostre azioni, e che possiamo investire per migliorare le sue abilità come cacciatrice, lottatrice o superstite, per cui in questo modo possiamo scommettere su uno stile di combattimento o l’altro.

È un’avventura più pulita e divertente rispetto al suo predecessore, anche se ha un po’ di difficoltà nell’amministrare per bene tutti i contenuti che nasconde e qualche volta le missioni secondarie arrivano a distrarci un po’ troppo dalla storia principale. È un sequel che dà la taglia, ma che scommette sul sicuro: Crystal Dynamics ha preferito pulire il design in Rise of the Tomb Raider e mantenere i rischi al minimo. Gli scenari sono disegnati meglio e permettono di affrontare i combattimenti in diversi modi, premiando il progresso metodico e l’uso della furtività sopra tutte le altre cose (anche se non viene penalizzato lo scontro diretto), è stata messa un’enfasi maggiore nella scoperta di tombe alla vecchia maniera, di piattaforma in piattaforma. Queste tombe sono suddivise in tutto lo scenario e sono opzionali, e i tesori che vi si nascondono sono nuove abilità per Lara. La maggior parte di queste non supporranno nessuna sfida per quelli che sono abituati ad avere a che fare con questo tipo di situazioni, ma aumentano la sensazione di essere alla scoperta, sensazione aiutata anche dall’impressionante illuminazione e l’attenzione al dettaglio che è stata osservata nella creazione degli ambienti.

Rise of the Tomb Raider è una scommessa sicura per gli amanti delle avventure  tradizionali. È vero che cerca di essere un po’ troppe cose alla volta, e che l’intenzione di creare un allacciamento emozionale con il personaggio non serve a molto. Non risolve nemmeno la crisi d’identità di Lara, e non viene nemmeno accentuato molto il suo sviluppo personale. Ma il suo elaborato mondo riesce a generare la sensazione di essere alla scoperta di qualcosa di nuovo, di addentrarci in luoghi reconditi su cui nessuno ha messo piede per centinaia o migliaia di anni, nonostante il fatto che, proprio in quel ambito, sia un po’ annebbiato dalle continue sparatorie in cui la nostra protagonista diventa una specie di Rambo con la coda che massacra interi eserciti e crea esplosivi con una latta di fagioli che torva per terra. Niente di male, ad ogni modo, in fin dei conti mentre giocavo Rise of the Tomb Raider mi sembrava di vivere una vera avventura, e tanto mi basta.

Rise of the Tomb Raider

Xbox One 59,99 € | Xbox 360 47,99 €
9

Grafica

9.5/10

Trama

9.0/10

Sonoro

8.5/10

Gameplay

9.0/10

Pro

  • Trasmette una buona sensazione di esplorazione.
  • Ottima anche l’avventura.
  • Scenari molto curati maniacalmente.

Contro

  • Manca d’innovazione.
  • L’istinto di sopravvivenza rende tutto troppo semplice.
  • Persa un’occasione per far crescere Lara.
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